Adulti sempre più soli. Così si esprime il Centro Studi Caritas di Roma nel rapporto “La povertà a Roma: un punto di vista” anno 2019.
“Per quanto riguarda le famiglie monocomponenti il territorio romano presenta numeri piuttosto consistenti. Tali famiglie sono oltre il 50% nel I e nel II municipio, mentre solamente nel VI e nel X municipio rappresentano una percentuale sotto il 40%.” “Passando poi ai dati sull’intera città si nota che a fronte di un numero totale di famiglie pari a 1.360.158 quelle formate da una sola persona arrivano a 602.695, con una incidenza media del 44,3%”.  “I dati inducono a riflettere sul fatto che numerose persone si trovano a vivere il proprio “ambiente familiare” in solitudine piuttosto che “in una formazione sociale”. Ovviamente all’interno del gruppo che si sta analizzando esistono condizioni differenti, in gran parte dovute ai cambiamenti socio-demografici oltre che economici (innalzamento dell’aspettativa di vita, aumento delle separazioni ecc…): ad esempio coloro i quali optano per relazioni “temporanee” o non stabili (in cui si mantengono domicili separati); oppure le persone divorziate o separate; gli anziani, gli adulti o gli immigrati soli.

Tuttavia, pur nella multicomplessità, sta emergendo la situazione di un numero sempre più consistente di adulti che a vario titolo fanno famiglia “da soli”.
“A livello nazionale secondo i dati Istat più recenti una famiglia su 3 è composta da una sola persona e la maggiore concentrazione di tale tipologia di famiglia si riscontra nel Centro- Nord.”

La lettura di questi dati ci deve far riflettere. Si tratta di un dato che ci parla di una situazione nuova che si sta creando nelle nostre città. I nostri quartieri, le nostre case vedono la presenza di tanti anziani soli, alcuni ancora in
buone condizioni di salute ma molti con grosse difficoltà nella gestione del quotidiano. Ci sono anziani che non più autonomi si avvalgono dell’aiuto del/della badante, ma certamente solo chi è in grado di sostenere questo
impegno economico. Ben diversa si sta prospettando la vita degli anziani di oggi rispetto a quella dei nostri padri in cui la famiglia allargata consentiva all’anziano di continuare a vivere circondato dall’affetto dei figli e dei nipoti.
La vita delle nostre famiglie, generalmente lavorano entrambi i coniugi, è molto “veloce”, le case sono molto più piccole, ridotte all’essenziale, rendono la convivenza complicata.
L’età degli anziani si è spostata in avanti, i  nonni possono essere utili per tanti piccoli servizi alla famiglia,  accompagno dei nipoti, compiti, gioco ma la qualità di vita di questi nonni cresce di pari passo con la lunghezza
della vita? Sentiamo spesso che molte famiglie in crisi per l’assenza del lavoro ricorrono alle pensioni dei nonni per andare avanti.
Ecco che la situazione si complica. I nonni, gli anziani, sono di aiuto ma poi ad un certo punto sono loro ad aver bisogno dei figli e qui la cosa assume connotati diversi: le uniche soluzioni che la nostra società si è data sono le
Case di riposo, sempre più ricordano residenze alberghiere, oppure la presenza di badanti là dove l’anziano si rifiuta di lasciare la casa.
Questa figura che è nata in questo tempo è per certi aspetti preziosa ma pone tanti interrogativi.
Come può una persona anziana abituarsi alla presenza di un estraneo in casa proprio? Le abitudini, la cucina, le pulizie vengono piano piano demandate e ci si ritrova estranei nella propria casa. Nulla voglio togliere alla preziosità di queste persone che trascorrono giornate intere nel silenzio o con una persona che magari comincia a perdere
la memoria, la testa, che magari la rimprovera, a volte l’umilia solo perché è arrabbiata…
Spesso queste persone vengono da paesi più poveri. Lasciano le loro famiglie per trovare un’occupazione che consenta di mantenere la famiglia. Si incontrano due povertà diverse, ma sempre povertà.
L’altra alternativa, quella della casa di riposo, taglia ogni rapporto con il mondo, non si esce, tutto è a portata di mano, servizi sanitari, pranzo/cena condiviso con persone che vivono lo stesso tempo: l’anzianità. In questa
situazione si lascia la casa, tutti i ricordi, si viene strappati da un quotidiano per entrare in un ignoto.

Ecco forse dovremmo chiederci se possiamo pensare a qualcosa di più umano, più vicino alle esigenze della persona sola, che la faccia sentire viva in questo tempo che presenta già di per sé tante fatiche. Dobbiamo allargare gli orizzonti e vedere intorno a noi se ci sono modi nuovi.
Vi sono famiglie che trovano a fianco della loro abitazione
uno spazio in cui accogliere il genitore anziano, uno spazio di autonomia ma di vicinanza.
Ci sono esperienze in cui persone che nella vita sono state prossime tra loro prendono una casa più grande per vivere insieme. Condividono la giornata, la cucina, la spesa, ci si aiuta, si parla, una casa che rimane aperta ai familiari, che è luogo di incontro, di condivisione.
Bisogna pensare per tempo a soluzioni alternative.
Più ricche di relazioni umane memori sempre che l’anziano può essere un testimone di valori passati, di vite trascorse nella gioia e nella fatica che consentono di guardare il domani con maggior fiducia.

Silvia Terranera

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